Vittoria Colonna, una leader eretica tra arte e potere
Vittoria Colonna nasce a Marino nel 1490. La sua famiglia è antica e potente e spesso decide i destini di Roma e dell’Italia. Poetessa, fine diplomatica e raffinata collezionista, diventa ancora giovane il punto di riferimento del proprio clan familiare e poi di un’area politica e teologica europea molto importante, sfidando tutti i limiti imposti alle donne dalla propria epoca. Guiderà Michelangelo nei tempi confusi della battaglia per la Riforma religiosa e gli ispirerà alcune opere d’arte straordinarie penetrando con la propria influenza psicologica e intellettuale nella mente del genio dove nessun uomo era mai riuscito a entrare.
Antonio Forcellino
Roma Babilonia. Lutero, Michelangelo e Giulio II
Girando per la Roma di Giulio II, proprio mentre Michelangelo sta affrescando la Sistina, un monaco tedesco resta sconvolto: la città è un inferno, si vendono indulgenze, il meretricio dilaga. Roma non è più la culla della cristianità ma il simbolo dell’apocalisse. Quel monaco è Martin Lutero e da quel momento sarà chiara per lui la necessità di una profonda trasformazione degli spiriti e delle strutture della Chiesa.
Amedeo Feniello
Nero di Roma. Variazioni neofasciste tra Ordine Nuovo, Nar e P2
Per 3 anni, tra il 1979 e il 1981, Roma è stata ostaggio della minaccia del terrorismo di estrema destra. Azioni brutali, bombe, sparatorie ma anche depistaggi, insabbiamenti e collusioni. Un filo “nero” unisce questa stagione e le sigle – Ordine Nuovo, Nar, P2 – che ne furono protagoniste.
Benedetta Tobagi
Come raccontare Roma. Moravia, Pasolini, Gadda
Come in una di quelle vecchie storielle divertenti, ci sono un romano, un friulano, un milanese. Si incontrano a Roma negli anni Cinquanta. E, poiché sono scrittori, provano a raccontare la stessa grande città. Mettono a fuoco tipi e stereotipi, annodano vicende ordinarie e straordinarie, trovano dal vero una lingua speciale, insieme rozza e poetica. “Racconti romani” (1954), “Ragazzi di vita” (1955), “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana” (1957): un trittico involontario che funziona da lente sulla romanità.
Paolo Di Paolo
I trasteverini eredi degli antichi romani
Nell’epoca della Rivoluzione francese il mito dell’antica repubblica romana conviveva con un diffuso disprezzo per il popolo della Roma papale. La città, corrotta dal pontefice e dalla sua corte, appariva come la patria dell’oscurantismo. Era diffusa la convinzione che la plebaglia romana condividesse, esasperandoli, i vizi degli Italiani: infidi, codardi, proni all’asservimento, spesso travolti da raptus di violenza, abili nel maneggiare il veleno e il pugnale. Ma c’era un’eccezione. Per una sorta di miracolo della storia, nei Trasteverini era rimasta intatta la virtù degli antichi romani, la fierezza, l’onore civico, l’amore per la libertà. Come scrisse un poeta francese, i Trasteverini erano i «semidei del Tevere». Su questa percezione si era costruita da tempo la stessa identità della comunità trasteverina.